Associazione Casa della Resistenza

Parco della Memoria e della Pace

 

La Piassa Granda

Per valsesiani ma non solo, l’ultimo saggio di Alessandro Orsi sulla “Piassa Granda”, la piazza principale di Borgosesia. L’autore ci immerge in un andirivieni di percorsi ciclici che si dipanano dal corpo animato della piazza per farvi puntualmente ritorno al termine di ogni vicenda narrata, di ogni storia personale e collettiva inseguita nei suoi sviluppi.

Si sa, la piazza, a partire dall’agorà greca, è peculiarità del mondo mediterraneo. Poi, in Italia, dalla metà dell’Ottocento, come rileva Mario Isnenghi nel suo L’Italia in piazza del 1994, le trasformazioni dell’uso della piazza corrispondono a cambiamenti profondi della società e della vita civile. Questo ha valore sia per le grandi città sia per i centri urbani minori, come nel nostro caso, dove la Piassa Granda non è solo centro di riti, come quello del carnevale, e di aggregazione sociale ma anche punto di riferimento per la popolazione e l’economia di una parte rilevante di una valle alpina come la Valsesia.

Il libro assume come orizzonte cronologico il Novecento. Prende le mosse dai riflessi locali della tragedia della Grande guerra (che Orsi ricostruisce nel precedente Affonda la verde gioventù del 2015): l’inaugurazione del monumento ai caduti nel 1922, che diventa il teatro di rappresentazioni nazionaliste e militariste per tutto il periodo fascista. Quel sangue celebrato dalla retorica per più di vent’anni, improvvisamente si materializza nel 1943. È la piazza offesa, ferita, insanguinata, la piazza dei corpi abbandonati sotto la pioggia, la piazza della materia cerebrale spappolata di una delle povere vittime che ritorna ossessivamente negli incubi e nei ricordi dei cittadini che si trovarono in quel luogo in quel momento, molti dei quali erano allora bambini. È la piazza dei sei mesi di terrore sparso dai delinquenti fascisti del battaglione, poi legione, “Tagliamento” che, appena giunto in città, si annuncia al popolo valsesiano con l’eccidio del 22 dicembre 1943: dieci fucilati dopo una giornata e una notte di inenarrabili torture. Ma è anche la piazza della riscossa, della Resistenza tenace e vincente, della 81a e 82a brigata garibaldina, intitolate a due dei fucilati –  Giuseppe Osella e Silvio Loss – , della battaglia del 16 marzo 1945,  del Monte Rosa che scende a Milano, di Cino Moscatelli, della Liberazione.
Il vulnus inferto dalla barbarie nazifascista non si rimargina facilmente in un dopoguerra difficile disseminato di miseria, disoccupazione, emigrazione ma anche sostenuto da un prepotente istinto di tornare alla vita. La Torre campanaria a ricordo dei caduti e dei martiri, inaugurata nella Piassa Granda il 22 dicembre 1946, diventa così il centro ideale della memoria resistenziale e della coscienza civile della Repubblica democratica per l’intera valle.

Il libro di Orsi, scritto durante il confinamento sanitario dello scorso anno, nasce alla confluenza di due potenti stimoli intimamente connessi: da una parte, i pressanti inviti dei protagonisti degli eventi a narrare e, dall’altra, la sua esperienza di docente, «perché – come dicevano i vecchi partigiani – se uno di mestiere fa l’insegnante di storia si deve dar da fare per scrivere le vicende storiche» e raccontare le nostre «piccole ma esemplari storie». Dunque, non solo un atto d’amore di un valsesiano nei confronti della propria terra ma anche un saggio di microstoria su di una piccola città, che come altre migliaia ha contribuito alla formazione della coscienza civile del Paese, e una riflessione preziosa sull’uso pubblico della memoria che restituisce ai fatti storici la loro complessità e profondità: insomma, una boccata di ossigeno in un’epoca dalla mente contagiata dai virus dell’indifferenza e della falsificazione della storia.

 

Consigliato da Angelo Vecchi

 

Alessandro Orsi, La Piassa Granda, Borgosesia, Idea Editrice, 2020